La psicologia degli adolescenti e il fumo
Come smettere di fumare definitivamente
Come smettere di fumare definitivamente
Le indagini mostrano come il vizio del fumo sia ancora molto radicato tra i giovani, con una media del 20% di fumatori nella fascia tra i 15 e i 18 anni. Un’abitudine nociva molto difficile da eradicare, per le sue implicazioni psicologiche.
Gli adolescenti si trovano in un periodo delicato della vita, durante il quale cercano di costruire la propria autostima e la propria solidità emotiva anche attraverso il confronto con gli altri. Questo confronto passa anche attraverso il tentativo di affermare la propria identità sessuale, la propria sicurezza, il proprio ruolo di forza all’interno del gruppo sociale.
A questo bisogno cosciente di autoaffermazione si contrappone quello inconscio di ricevere aiuto e guida dalle figure di riferimento della propria crescita. Se da una parte l’adolescente vuole “esibire” indipendenza e sicurezza, dall’altra ha paura di non farcela. Il vizio del fumo risponde a entrambe queste esigenze contrastanti: dà forza e sicurezza attraverso la sua gestualità “adulta”, ma in quanto abitudine nociva attira le attenzioni e le preoccupazioni delle figure di riferimento.
Secondo la psicoanalisi, Il fumatore è consapevole della sua dipendenza. Il fumatore sa che quello della sigaretta è un piacere falso e pericoloso, che rischia di ammalarsi di cancro o di qualche altra grave malattia. Tuttavia è convinto di trarre piacere dal fumo. Secondo la psicanalisi, però, questo piacere è strettamente collegato al bisogno di arrecarsi danno. Questo atteggiamento è definito “masochismo morale”: il bisogno di provare vergogna per la debolezza di non saper smetter ed essere schiavo di un’abitudine; angoscia per le possibili implicazioni sulla salute; senso di colpa per i danni arrecati a sé e agli altri attraverso il fumo passivo.
Il tabagismo soddisfa poi altre forme di piacere, che rispondono a bisogni arcaici come quello della oralità: si tratta del bisogno di succhiare che appartiene ai primi mesi di vita e che si stabilisce tra il lattante e il seno materno. Un gesto che, creando continuità fisica con la madre, dà al lattante un grande senso di sicurezza e appagamento. Talvolta questo bisogno – che gli psicanalisti chiamano “fase orale” – non si esaurisce con la crescita, concretizzandosi in surrogati come la sigaretta. Il collegamento tra il comportamento del fumatore e quello del neonato sta nella dipendenza da un gesto cui è difficile rinunciare e che si pratica attraverso l’azione di succhiare. Le correlazioni tra la dipendenza del fumatore e quella del neonato sono avvalorate dal fatto che durante l’astinenza entrambi seguono lo stesso andamento emotivo, esprimendo rabbia, ansia, irritabilità, tristezza.
Vi è poi nel fumatore una componente gestuale molto marcata tesa ad appagare il bisogno di sicurezza nevrotica. Un fumatore, infatti, ripete ogni giorno centinaia di movimenti e sequenze motorie automatiche fuori dal controllo cosciente, cosa che gli permette di sfogare bisogni non sempre riconosciuti e accettabili. Ad esempio, schiacciare la cicca con forza nel portacenere o calpestarla energicamente, potrebbero esprimere forme di piacere distruttivo. Inoltre, la gestualità legata al fumo fa sentire il soggetto in continua attività, sempre in movimento, scongiurando la percezione di sentirsi inermi e impotenti.
Tutti questi complessi fattori configurano una dipendenza psicologica, che si intreccia a quella di tipo chimico. È proprio la dipendenza chimica a ostacolare il fumatore nel suo percorso di consapevolezza per risolvere la dipendenza psicologica. Infatti, la dipendenza chimica fa in modo che, in assenza delle sostanze assuefacenti, l’organismo manifesti veri e propri sintomi fisici di astinenza.
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